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Eccomi qui, sospeso nel tempo, circondato da centinaia di occhi curiosi. Sono l’oggetto della loro ammirazione, il fulcro della loro attenzione. Mi scrutano, mi studiano, mi contemplano.
Mi guardano, ma non sanno chi sono veramente. Non sanno da dove vengo, non conoscono la mia storia. Sono solo un pezzo di polistirolo, ma ho vissuto più di quanto possano immaginare.
Ero nato nell’oscurità, in un luogo senza tempo. Non sapevo chi ero, né chi mi aveva creato. Ero solo un pezzo di materia, senza forma, senza scopo. Poi, un giorno, sono stato portato alla luce. Mi hanno dato una forma, mi hanno trasformato in polistirolo. Ero diventato qualcosa.
Un pescatore mi ha trovato e mi ha preso con sé. Ho viaggiato con lui, ho visto il mondo. Mi sentivo utile, avevo un posto che sentivo mio, una casa. Ma un giorno, sono stato separato da lui. Un’onda mi colpì e mi portò con sé in mare aperto.
Ho affrontato tempeste e venti furiosi, ho perso parti di me stesso. Mi sono sentito solo, abbandonato. Ma non mi sono arreso. Ho continuato a lottare, a cercare il mio posto nel mondo.
Sono rimasto incastrato su uno scoglio per anni, diventando la dimora di centinaia di creature marine. Mi sentivo di nuovo vivo, circondato dalla vita. Ma di nuovo un’onda mi ha travolto, mi ha strappato dal mio rifugio e mi ha portato via. Oh, quanto ho sperato che la mia esistenza finisse lì, che qualche onda frantumasse la mia coscienza sui fondali del Nulla!
Mi sono chiesto per quale motivo avessi dovuto vivere tutte quelle pene, perché tutto dovesse essere così difficile.
Mi sono ritrovato su una spiaggia, frantumato e solo. Ma poi, una mano mi ha raccolto. Era un artista, un creatore. Mi ha guardato e ha visto qualcosa in me. Mi ha detto che ero il pezzo mancante, il cuore che gli serviva.
Mi ha portato con sé, mi ha lavorato, mi ha trasformato. E ora eccomi qui, parte di un’opera d’arte, ammirato da centinaia di persone. Ho trovato il mio posto nel mondo, ho scoperto il mio scopo.
Sono un pezzo di polistirolo, ma sono molto di più. Sono un viaggiatore, un sopravvissuto, un eroe. Sono un’opera d’arte. E non importa da dove vengo, o cosa ho dovuto affrontare. Perché alla fine, sono diventato qualcosa di bello, qualcosa di ammirato, qualcosa di prezioso. E per me, questo è tutto ciò che conta
Missilis
1- negli abissi della terra un team di speleologi è sceso a far ricerca
2- sento il freddo e l’umido delle profondità che mi penetrano nella materia
3- uff!
4- sono Missilis – made in Italy, costruito per proteggere: solido e indistruttibile. Indispensabile per chi mi indossa.
5- Ehi! Ehi, ma dove vai senza di me? È pericoloso!
6- Come è buio, qui… ma quando vengono a riprendermi?
7- Le ore passarono come giorni, i giorni come anni, mi sembrava di stare lì da un’eternità…
8- Nelle tenebre della grotta mi sono sentito avvolgere da un calore familiare
9- Finalmente si sono ricordati di me
10- Forse adesso tornerò al lavoro?
11- Oddio, ma allora sono veramente passati tantissimi anni: è tutto così diverso da come lo ricordavo!
12- Ecco… ora si torna a lavorare… ma… che sta facendo? Perché non mi sta mettendo sulla testa?
13- Mi acclamano… mi acclamano? gridano il mio nome!
14- Fu così che cominciarono a idolatrarmi, costruendo un tempio apposta per me nella grotta. Da quanto ho capito, è perché sono rimasto l’unico oggetto di plastica in circolazione. Però credo debbano ancora capire la mia reale funzione…
15- Oh! Ma fanno proprio sul serio!
16- Mmmm… sento delle strane vibrazioni…
17- E niente: l’uomo è sempre uguale a sé stesso: mai una volta che riesca a godersi qualcosa senza farsi la guerra!
18- …
19- è stato così che il tempio che avevano costruito per me era rimasto l’unico luogo sicuro e si accalcarono tutti dentro…
20- aiuto aiuto crolla la grotta!
21- Eh: c’era da aspettare un bambino, per tornare finalmente al mio mestiere!
Pensavo fosse amore invece era un boccaglio
Uff che serata. Ho proprio bisogno di un cornetto con la crema,e magari del caffè, tanto caffè. Giuro Questa è stata la prima e ultima volta, però lo sai che io non so dirti di no. Come qualche giorno fa che siamo andati a nuotare senza maschera, mi hai detto che l’avevi dimenticata a casa, ma io lo so che lo hai fatto apposta, anche io avevo tanta voglia di rimanere sola con te, ma era troppo difficile dirlo ad alta voce. Se ci pensi all’inizio sullo scaffale in mezzo a tutti gli altri, eravamo solo io e lei. Lo siamo state per tanto tempo, e non era male. Pero quando sei arrivato te, poco a poco ho smesso di avere occhi solo per lei. E lo ho capito ancora meglio la nostra prima volta. Maschera l’hai poggiata sugli occhi, e mentre pensavo a quanto fossi buffo, mi prendi e mi baci. Tra noi due era diverso, ho capito subito che c’era qualcosa di speciale. E dopo quel primo bacio, c’è ne sono stati tanti, e ogni volta sentivo le farfalle nel tubo. All’inizio eri molto delicato,e dopo le nostre immersioni mi sciacquavi subito con l’acqua dolce. Come quella volta in Grecia, che hai finito tutta l’acqua della borraccia per me, poi non hai smesso di lamentarti fino a casa di quanto fossi disidratato. A quei tempi mordevi con molta delicatezza, mi piaci anche adesso, che lo fai con più sicurezza, facendomi anche un po’ male.
Ieri sera è stato bello, strano, ma bello. Non sapevo cosa aspettarmi, era notte, non usciamo mai di notte, faceva freddo, però poi avete acceso un falò, e c’era tanta gente. Poi quant’erano Affettuosi i tuoi amici, mi avete fatto sentire così importante quando ero sulla loro bocca. Non mi ricordo proprio tutto, ma dopo che hai tirato fuori quella pianta quella strana sensazione di bruciore mi è rimasta addosso. C’ho ancora il tubo tutto intasato e gli occhi arrossati dal fumo. E più mi baciavate più eravate felici, continuavate a passarmi di morso in morso tutti intorno al falò.
Ora tornate coi cornetti vero? Tanto lo sai che ti aspetto, qui accanto al falò dove mi hai lasciato. Non ti ho nemmeno sentito andare via, probabilmente non volevi svegliarmi. Perché lo so che per te io sono più di un oggetto.
Hana, Tayiou, Tane e Me sono una famiglia di piastrine. Fanno parte della stessa grande comunità di piastrine di plastica di una di tenda di un bar a Fukushima. Sono un popolo unito. Sono solite fare danze mosse dal vento, oppure, quando un gatto le muove con la zampa, o quando vengono scansate da un cliente che entra. Si godono la vita. Hanno sempre vissuto sempre così. E sono felici.
Un giorno però un tremolio le inquieta. Le piastrine tremano tutte insieme. Tayiou, il padre ha un brutto presentimento. Non è la solita danza. I vetri del bar si fracassano. Gli oggetti cadono dalle mensole. Sale un forte odore di alcool rovesciato. Ma poi c’è improvvisamente silenzio. Tayiou chiede ad Hana Tane e Me come stiano e loro rispondono di star bene. Le altre piastrine smettono di muoversi.
Ma dopo circa dieci minuti, il sole si oscura. La salsedine e il sale viaggiano insieme alla gigantesca onda, un muro nero inghiotte la città. L’acqua entra in tutte le parti del bar investendo tutta la comunità di piastrine e tutto diventa buio.
Non si sa quanto tempo sia passato. Ma Tayiou, Hana e Me si svegliano ondeggiando ancora uniti. Non riconoscono questo movimento ondulare. Si ritrovano a galleggiare sul mare. Tayiou ha una ferita sotto l’occhio, Hana ha le parti del corpo ammorbidite e piegate e Me, il loro figlioletto si sta pian piano sgretolando. Ma, Tane il figlio più piccolo che li legava al resto della comunità di piastrine, si è smarrito come tutte le altre…solo loro tre rimangono uniti e non vogliono separarsi accentando così il cullare del mare.
Fino a che, in mare, si imbattono in una chiatta di rifiuti di plastica sopra la quale, volteggiano tanti gabbiani. Sulla chiatta, notano che ci sono tanti oggetti, ma sono tutti separati: una scarpa arancione, un guanto, una lente, non ci sono comunità di piastrine. La loro percezione della comunità comincia a cambiare. Non c’è più la danza mossa dal vento, né ci sono i gatti, non c’è nemmeno l’oscillare delle onde. Ma ogni oggetto è indipendente. Allora Tayiou, Hana e Me capiscono che esistono altri tipi di comunità e di oggetti separati. E sentono che lì, anche loro possono accettare la loro disgregazione, rimanendo vicini ed insieme, ma comunque separati, ognuno con la propria individualità. Perché la separazione dalla comunità crea la persistenza di una piccola comunità, chiamata famiglia.
Un tempo ero il piede di Kuromi. Ero Kuromi. Ed ero di Giorgio. Ero uno dei bambolotti più amati, di moda. Lui inventava storie su di me.
Grandi avventure. Anni.
Le cose cambiano. Giorgio ha scoperto il computer.
– Kuromi in un angolo della stanza.
– Kuromi nel secchio della spazzatura.
– Kuromi nel secchione della spazzatura, in strada.
Arriva un gatto. Kuromi è il gioco del gatto.
Resto io. MI.
Non sono più il gioco di nessuno.
Depressione. Sbatacchiamento. Deriva.
Gabbiano. Mi fa cadere giù, ha scoperto un pesce. Dalla terra all’acqua.
E adesso…
“Mi sento l’acqua dentro!” Glu Glu…
Sopraffazione. Nuova vita.
Galleggio!!! Lo accetto.
Esplorazione.
Anni.
Vado in giro. Mi portano in giro.
Inizio a trasformarmi. Mi disgrego.
SPIAGGIA COCCIA DI MORTO.
Mi rapiscono due tizi, durante una passeggiata romantica. Forse. Mi imbustano insieme ad altri come me, strambi e ambigui.
E adesso sono qui. Su un tavolo. Mi disegnano, mi toccano. Parlano di me, mi girano e rigirano tra le mani. Suppongono. Inventano storie su di me.
Una ragazzina, un ragazzino, due donne.
Torno protagonista.
Davide/Virginia/Valentina/Silvia
In una fabbrica un venerdì notte viene imballato C13823 pronto per essere spedito per il continente.
Esattamente le 03:54 segnano l’attimo in cui la ghigliottina effettua l’ultimo taglio dello stock separando dai suoi fratelli.
Durante il trasporto il camion ha un incidente e tutti i rotoli finiscono in spiaggia tranne C13823 che finisce in acqua.
C13823(R) :” Che ci faccio qui? Dove sono finiti i miei fratelli?”
Carta del rotolo(C) :”Ehi! Ci sono io!”
R :”Chi sei?”
C :”Sono la tua carta. Però non posso più rimanere con te perché mi sto staccando.”
R :”Ti prego non te ne andare!”
C:”Devi lasciarmi andare.”
R:”No, ti tengo io!”
C:”Non c’è più niente da fare… Devi lasciarmi andare…”
La separazione è inevitabile. Passa il tempo, la carta non c’è più. Il rotolo viene trasportato dalla marea sulla spiaggia e al posto della carta iniziano ad accumularsi granelli di sabbia.
R:”Ora sono solo, come farò?”
Sabbia (S):”Tranquillo ci siamo noi, la Sabbia.”
R:”Sabbia che state facendo?”
S:”La colla ci ha attirato, ora siamo qui con te. Ora siamo parte di te.”
R:”Colla è solo colpa tua! Hai lasciato andare la mia carta e adesso attiri questa Sabbia!”
S:”Tranquillo ora ci siamo noi con te, non preoccuparti…in qualche modo faremo.”
So Propilene
Io sor mejo dei cotonfiocc su a tera.
So splendido.
So resistente.
So immortale.
So brillante.
Mo mi vedete così ma pensate…
de cicatrici ce n’ho un mijardoo.
Per anni stipato in quella cazzo de scatoletta IMMOBILE. fra tutti altri cottonfiocc immobili
Eh io che pensavo che la vita mia sarebbe stata quella per sempre.
Ma poi un giorno BAMM. Me cambia tutto.
Quer sudicio newyorkese che m’aveva comprato pe du spicci, ha deciso di usarmi pe pulisse le orecchie. Che schifo.
Ma io che ce dovevo fà. Eh poi quello stronzo la non contento m’ha buttato ner cesso, manco nella differrenziata.
Però… ve devo di…da quer momento me cambia la vita.
E lì inizia il mio viaggio..da le fogne de Manatthan, dall’oceano fino a Coccia De Morto.
Per secoli e secoli ho navigato l’oceano salpando da un’avventura a un’altra
ma tu, voi che ne sapete, io ho vissuto per quindici anni nello stomaco di uno squalo bianco.
sono stato tenuto prigioniero per trent’anni nella buia tana di una piovra gigante, negli abissi più profondi dell’Atlantico.
quando poi sono riuscito a liberarmi uno tsunami alto 40 mi ha travolto e trasportato lontanissimo.
mi chiederete..beh, come ci sono finito qui? Anche questa è una bella storia,
sono rimasto impigliato nelle strette maglie di una rete trainata a strascico a largo delle colonne d’Ercole. Questo peschereccio, mi ha poi abbandonato sulle sponde di coccia di morto dove un’ultima onda mi ha riportato sulla riva
e ora immobile e solo giaccio..Ma guardandomi intorno scopro che non so da solo. Immense spiagge erano coperte di cotton fioc come me, che, seppur immobili anche loro, condividevano con me una vita centenaria di avventure.
Nel grande luogo dove vanno a finire gli Oggetti Dispersi, la vecchia e malconcia Nonna Palla racconta la sua storia
Quando ero giovane e nuova ho trovato il mio migliore amico: the Blind Cat
è stato amore a prima vista… O meglio: a primo suono! The Blind Cat adorava il mio sonaglio
Facevamo tutto insieme: giocavamo all’aperto
Dormivamo su un morbido cuscino
Mangiavamo uno accanto all’altra
Andavamo in spiaggia ad ascoltare il rumore del mare
Ci arrampicavamo sugli alberi
Passavamo ore ad ascoltare i suoni del mondo fuori dalla finestra
Un giorno però, mentre andavamo in spiaggia, è successa una tragedia: un autobus elettrico particolarmente silenzioso ci ha presi in pieno. Nell’impatto io sono schizzata via, rotolando verso la spiaggia…
Sono rimasta lì molte giorni e molte notti, non facevo altro che pensare a The Blind Cat, mi mancava moltissimo.
Finché un giorno una grande mano è calata dall’altro e mi ha gettata in un cesto pieno di altri Oggetti Dispersi
E mi ha portata qui da voi, al centro ??? (non mi ricordo più come si chiama). Le cicatrici che vedete su di me sono i segni dell’incidente e del tempo passato in spiaggia. Per me sono importanti perché mi ricordano ogni giorno di ricordare The Blind Cat, e di raccontare la nostra storia.
Ve l’avevo detto che era solo una presa per il culo! Cosa stiamo a fare qui? Esposti, ammucchiati, senza più nessuna funzione! A morire di caldo e a rischiare tutti i giorni di scioglierci al sole!
Io sono frustrato, sono deluso, sono stanco. È la seconda volta che questi esseri umani mi fregano! Hanno scritto sulla mia testa “gustami e riciclami”; per tutta la vita ho avuto la convinzione che non sarei stato solo un tappo usa e getta, che avrei avuto infinite funzioni, che avrei avuto nuove vite. Meditavo tutti i giorni sui miei pensieri futuri.
Invece hanno comprato la bottiglia e mi hanno portato al lago di bracciano per festeggiare ferragosto. Si sono ubriacati con rum e cola, li ho ascoltati stonare pessime canzoni e li ho visti persino vomitare! Poi all’alba se ne sono andati lasciandomi in spiaggia!
Ero solo e abbandonato; non servivo più a nessuno. Molti mi notavano, mi schiacciavano, qualcuno mi ha persino raccolto ma solo per gettarmi più lontano.
Fino a che piantina è arrivata nella mia vita! Sono stato casa sua, l’ho protetta dal sole cocente e dalle intemperie; io, lei e il lago eravamo una vera famiglia!
Abbiamo vissuto felici fin quando un gruppo di giovani sconsiderati, autodefiniti “dispersi”, guidati dagli scienziati della casaccia, hanno voluto fare di me e piantina due dispersi. Ci hanno raccolti, trasferiti da buste, a tasche, a borselli, appoggiati ovunque e rinchiusi di nuovo.
E mi hanno rovinato di nuovo la vita, strappandomi l’unica mia ragion d’essere. Piantina, essendo di natura organica, non ce l’ha fatta. Per i continui sballottolamenti è morta tra le mie braccia.
È finita per me. È finita per noi! Per questo vi dico: polimeri di tutto il mondo, UNIAMOCI! Non abbiamo nessuna ragione di esistere senza funzione. Non esistiamo, siamo morti!
Per cui vi dico: uniamoci, letteralmente. Riagganciamo le nostre catene, formiamo una superficie di copolimeri che copra tutto il lago così che gli umani non possano più usufruirne!